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Una prospettiva “monetarista” sugli attuali mercati azionari – Aprile 2021

Simon Ward

Simon Ward

Economic Advisor


9 apr 2021

Nel commento dello scorso trimestre abbiamo parlato di un peggioramento del contesto monetario per i mercati verso fine 2020. Probabilmente questa è stata una delle cause della scarsa performance del mercato obbligazionario nel T1, mentre le azioni globali hanno guadagnato ancora terreno grazie alla revisione positiva delle stime di utili. Gli indicatori monetari consultati per questa analisi continuano a inviare messaggi di prudenza ai mercati suggerendo un rallentamento del momentum dell’industria globale verso la fine del T3. Il timore di una flessione della crescita nel corso dell’estate potrebbe innescare una correzione sulle borse e una ripresa dei settori difensivi.

Il mercato basa le sue valutazioni su due indicatori di “excess money”, eccesso che, in base alla teoria monetarista, esercita una forte influenza sulla domanda di asset finanziari: il primo è la differenza fra la crescita a sei mesi della massa monetaria in senso stretto su scala globale e la crescita della produzione industriale, il secondo la deviazione della crescita della massa monetaria reale a 12 mesi dalla media mobile di lungo periodo. Dal 1970 le azioni globali hanno sempre sovraperformato la liquidità in USD quando entrambi gli indicatori erano positivi. In media il mercato azionario sottoperforma la liquidità quando uno dei due o entrambi sono in territorio negativo.

Tenendo conto del normale ritardo nella pubblicazione dei dati, gli indicatori mandavano un doppio segnale positivo a fine aprile 2020. Da allora a fine 2020 l’MSCI All Country World Index (ACWI) ha reso il 33,9% in USD, alla luce dell’aumento delle attese di utili e del rerating dei mercati. Il segnale “buy” si è tuttavia interrotto a fine dicembre in seguito a un rallentamento della crescita della massa monetaria reale rispetto alla crescita della produzione industriale – grafico 1.

Nel T1 l’azionario globale ha perso valore – il P/E prospettico a 12 mesi delle società dell’ACWI è diminuito del 4,2% – ma l’indice è comunque avanzato del 4,7% a fronte di un incremento delle stime di utili di un ulteriore 8,6%. L’ottimismo sugli utili si deve alla conferma di un nuovo ingente pacchetto di stimoli fiscali negli USA, che ha sostenuto anche la continua sovraperformance dei settori ciclici. Prevediamo tuttavia un picco del momentum dell’industria globale seguito da una decelerazione sino a fine 2021. Sarebbe uno shock rispetto alle stime di consensus, in grado di sbriciolare i recenti trend del mercato.

Le previsioni di rallentamento si fondano sul calo della crescita a sei mesi della massa monetaria reale globale rispetto al picco di luglio-agosto 2020 e sul fatto che di norma i punti di svolta precedono quelli della crescita della produzione industriale in media di nove mesi. Il tempo di reazione dell’indice dei responsabili degli acquisti (PMI) del settore manifatturiero globale è leggermente inferiore, quindi il nuovo massimo dell’indice toccato in marzo segnerebbe il picco della recente fase rialzista – grafico 2.

La ripresa industriale della Cina ha già rallentato il passo: in marzo il PMI manifatturiero di Markit / Caixin è sceso ai minimi su 11 mesi. La politica monetaria cinese è stata meno espansiva che altrove nel primo semestre 2020 ed è stata inasprita già nel T2, il che spiega i trend relativamente deboli della massa monetaria – grafico 3. Il PMI cinese traina i parametri mondiali dalla grande crisi finanziaria – grafico 4.

In febbraio la crescita a sei mesi della massa monetaria reale globale è diminuita ancora. Una ripresa potrebbe palesarsi verso l’estate in quanto i dati sulla massa monetaria USA sono spinti al rialzo dai nuovi stimoli fiscali e la PBoC potrebbe allentare la politica a fronte di statistiche economiche meno solide. Un simile scenario potrebbe sfociare in un nuovo segnale di acquisto legato all’eccesso di massa monetaria verso metà anno e in una nuova accelerazione del comparto industriale a partire da fine 2021. Tuttavia un rimbalzo della crescita della massa monetaria è probabile ma non sicuro, quindi per il momento è meglio concentrarsi sui rischi di ribasso per l’economia e i mercati.

Un rallentamento del settore industriale potrebbe essere compensato in termini di PIL dalla robustezza dei servizi se il contenimento della pandemia consentirà la riapertura delle economie. Tale ipotesi potrebbe però accentuare la decelerazione industriale invertendo il trend dello scorso anno quando i consumatori hanno sostituito la spesa per servizi in spesa per beni. Verosimilmente i trend industriali saranno più importanti per i mercati, in parte perché presentano una correlazione più stretta con gli utili azionari. Data la solidità del PIL legata ai servizi, le banche centrali potrebbero essere meno propense a offrire supporto in caso di debolezza del settore industriale / dei mercati.

L’inflazione globale misurata dal CPI è in aumento a causa del recente rincaro delle commodity e degli effetti base ma i timori inflazionistici potrebbero essere prossimi a un picco di breve termine in caso di concretizzazione dello scenario industriale sopra illustrato – un altro motivo per dubitare del proseguimento del rally delle aree cicliche/value nel secondo trimestre. Nei sondaggi presso le imprese il peso della componente dei prezzi dei fattori produttivi diminuirà con l’arrivo dell'estate salvo una nuova impennata del petrolio e altre materie prime industriali – grafico 5. I settori ciclici potrebbero scontare appieno la “reflazione”, a giudicare dalle valutazioni relative rispetto alle aree difensive – grafico 6.

Il rialzo del PMI manifatturiero globale osservato in marzo è stato trainato dall’Europa, mentre il PMI USA è rimasto pressoché invariato e quello della Cina, come già accennato è diminuito ancora. La robustezza dell’Eurozona è coerente con l’incremento della massa monetaria reale della scorsa estate tuttavia una successiva decelerazione farebbe dubitare delle sostenibilità dei livelli attuali – grafico 7.

Di contro, l’andamento della massa monetaria del Regno Unito si scosta in positivo rispetto ad altri grandi economie, preludio di prospettive economiche relativamente migliori e di un possibile rialzo dell’azionario britannico – grafico 3. La robustezza della crescita della massa monetaria si deve a un finanziamento del deficit monetario più ampio che in altri Paesi, che potrebbe proseguire date la propensione alla spesa del Primo Ministro Johnson e l’accondiscendenza della Bank of England. La massa monetaria in “eccesso” potrebbe in parte finire all’estero, determinando un rischio di ribasso per la sterlina, valuta su cui gli speculatori hanno accumulato importanti posizioni lunghe.

L’approccio qui adottato per le previsioni si avvale dell’analisi del ciclo per fare un controllo incrociato dell’analisi monetaria e offrire una prospettiva a lungo termine. In base al giudizio precedente, che confermiamo, la costituzione delle scorte e il ciclo di investimenti delle imprese hanno toccato i minimi nel T2 2020, mentre il ciclo del settore residenziale è ancora fase rialzista. L’idea che i tre cicli concorressero a creare un contesto favorevole per l’economia e i mercati globali ha rafforzato il messaggio positivo dei trend monetari a metà 2020.

Il prossimo minimo previsto è quello del ciclo a breve termine della costituzione delle scorte. Stando alla lunghezza media storica di 3,5 anni, il ciclo dovrebbe toccare il minimo a fine 2023 e la flessione dovrebbe iniziare 12-18 mesi prima, cioè tra la metà e la fine del 2022. I mercati rischiosi tendono a perdere terreno nei 18 mesi precedenti un picco minimo del ciclo – di norma i grandi mercati orso si registrano in questo lasso di tempo.

Si prevede quindi che il trend primario dell’economia e dei mercati globali sarà ancora rialzista sino alla fine del primo semestre 2022. Tuttavia di norma la fase rialzista del ciclo della costituzione delle scorte è altalenante: incremento iniziale, correzione e poi corsa fino al picco. Si ritiene che la fase iniziale stia giungendo al termine e che lo slancio del ciclo diminuirà nel secondo semestre, in linea con le previsioni di un rallentamento industriale sulla base dell’andamento monetario. Il giudizio sulla maturità della fase iniziale è avvalorato dall’indicatore delle scorte delle aziende – grafico 8.

Inoltre, l’andamento del mercato dal T2 dello scorso anno corrisponde in gran parte alle medie o supera le medie dei periodi di 18 mesi successivi ai punti minimi dei precedenti cicli di costituzione delle scorte – tabella 1. Le azioni dei mercati avanzati, soprattutto settori ciclici e prezzi delle commodity, hanno messo a segno ottime performance, quindi ora potrebbe esserci uno scarso potenziale residuo di crescita anche se il rallentamento del ciclo di costituzione delle scorte dovrebbe iniziare fra un anno o poco più.

Fonte: Refinitiv Datastream, calcoli propri

Occorre inoltre tenere presente che l’attuale ciclo di costituzione delle scorte potrebbe essere più breve rispetto alla media. Lo shock dovuto alla pandemia covid sembra aver allungato il ciclo precedente a 4,25 anni. Se, per compensazione, il ciclo in corso deviasse dalla media di 3,5 anni, il prossimo punto minimo si avrebbe a inizio anziché a fine 2023 (cioè a 2,75 anni dal picco minimo del T2 2020). Tale scenario implica l’inizio del periodo negativo per i mercati di 18 mesi prima del minimo nel secondo semestre 2021.

Sottolineiamo che quest’ultima eventualità non è il nostro scenario centrale e richiederebbe una conferma in termini di ulteriore flessione della crescita a sei mesi della massa monetaria reale globale nel primo semestre 2021 e non un rimbalzo trainato dagli USA come sopra accennato.

Il confronto fra le performance recenti e le medie dei rialzi dei cicli delle scorte, oltre a suggerire una riduzione dell’esposizione ai settori ciclici a favore di quelli difensivi, segnala un valore relativo nei mercati emergenti, nel fattore quality e nell’oro e la possibilità di un ulteriore rally del dollaro USA. Il rialzo dell’azionario emergente potrebbe tuttavia dipendere anche dalla ripresa della crescita della massa monetaria cinese, che verosimilmente richiede un cambio di rotta della PBoC.

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