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Il fallimento di First Republic Bank: cosa significa per l'economia e il settore bancario degli Stati Uniti?

Il gestore di portafoglio John Jordan e l'analista del credito Nick Caes discutono le implicazioni del crollo di First Republic Bank (FRC) per l'economia e il settore bancario degli Stati Uniti.

Nick Caes

Nick Caes

Analista del credito


John Jordan

John Jordan

Portfolio Manager | Research Analyst


2 maggio 2023
6 minuti di lettura

In sintesi

  • Sulla scia del terzo fallimento di una banca USA nel 2023, gli investitori si chiedono cosa significhi per l'economia e il settore bancario degli Stati Uniti.
  • Sebbene lo stress acuto si sia in gran parte attenuato in questo comparto, crediamo che l'aumento dei tassi di interesse possa rappresentare una sfida persistente per le banche più deboli.
  • Nel ritorno a un mondo storicamente normale di tassi d'interesse superiori allo zero, riteniamo che un approccio attivo e guidato dalla ricerca possa aiutare gli investitori a orientarsi fra i rischi posti da un ambiente macro più insidioso.

First Republic Bank (FRC) è diventata la terza banca statunitense a fallire nel 2023, con J.P. Morgan che ha acquisito il prestatore in difficoltà nel fine settimana dopo il sequestro da parte della Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC). Sebbene ci sia molto da digerire dai termini dell'accordo, in questo articolo ci concentriamo su ciò che un altro fallimento bancario può significare per il settore in questione e l'economia degli Stati Uniti. In particolare, cerchiamo di rispondere alle domande più urgenti per gli investitori: siamo in una crisi bancaria, quale banca potrebbe essere la prossima e che impatto ha tutto questo sulla strategia di portafoglio?

Siamo in una crisi bancaria?

Il fallimento di FRC ha riacceso le preoccupazioni degli investitori, emerse per la prima volta a marzo, sulla possibilità che gli Stati Uniti si trovino in una crisi bancaria, con alcuni che hanno persino rievocato la Crisi Finanziaria Globale. A nostro avviso, tali confronti non sono giustificati in questa fase. Per quanto le dimensioni delle banche fallite abbiano attirato molta attenzione, in termini di numero di fallimenti, siamo ancora molto lontani da una crisi, come mostra la Figura 1.

Figura 1: Tre è una folla, non una crisi

Numero di fallimenti bancari negli Stati Uniti per anno di calendario (2000 - 2023)

Fonte: FDIC, al 1° maggio 2023. Le performance passate non sono indicative dei risultati futuri.

Chi potrebbe essere il prossimo?

È naturale che gli investitori si preoccupino di chi sarà il prossimo a fallire, ma prima di poter stabilire quali banche sono più a rischio - o anche se ne fallirà un'altra - è consigliabile distinguere tra lo stress acuto e i venti contrari presenti nel settore bancario.

A nostro avviso, i tre fallimenti del 2023 - Silicon Valley Bank (SVB), Signature Bank (SBNY) e FRC - sono scaturiti da condizioni di stress acuto. Dopo che il forte aumento dei tassi d'interesse nel 2022 aveva svalutato i loro portafogli di prestiti e titoli a lungo termine a tasso fisso, queste banche hanno dovuto affrontare un'emorragia di depositi senza precedenti nel primo trimestre di quest'anno, che ha lasciato forti carenze di finanziamento. Si è pensato di rimediare vendendo mutui ipotecari a lungo termine e titoli garantiti dallo Stato, ma nel farlo, alcune banche hanno dovuto riconoscere perdite non realizzate diventando essenzialmente insolventi, mentre per altre la velocità della fuga di depositi è stata troppo rapida per costruire la liquidità necessaria.

Nel caso di SVB, SBNY e FRC, la rovina è stata la concomitanza di una forte esposizione all'aumento dei tassi d'interesse e alti livelli di depositi non assicurati (cioè depositi che superano il limite assicurato dalla FDIC di 250.000 dollari). Come illustrato nella Figura 2, queste tre banche erano anomalie nel settore bancario regionale, se valutate sulla base di questi due parametri.

Figura 2: Le banche fallite erano più esposte a depositi non assicurati e/o ai tassi d'interesse più elevati rispetto alle altre banche

Fonte: JP Morgan, 10-K aziendali, Janus Henderson Investors, al 31 dicembre 2022. Nota: Il Tangible Common Equity Ratio, o rapporto TCE (TCE diviso per gli asset tangibili), è una misura dell'adeguatezza patrimoniale di una banca. Può essere utilizzato per stimare le perdite sostenibili da una banca prima che il patrimonio netto venga eroso del tutto. I titoli Held-to-maturity (HTM) sono acquistati per essere posseduti fino alla scadenza. I titoli HTM hanno un trattamento contabile diverso rispetto a quelli che vengono liquidati a breve termine - in particolare, le perdite non realizzate devono essere riconosciute solo al momento della realizzazione, o della vendita, dei titoli interessati. Un asset tangibile è un bene che ha un valore monetario finito e solitamente una forma fisica. L'impatto delle perdite non realizzate sul TCE presuppone un'aliquota fiscale del 21%. Le performance passate non sono indicative dei risultati futuri.

I deflussi di depositi presso le banche rimanenti sembrano essersi stabilizzati, e queste hanno affrontato lo stress acuto in modo proattivo, adottando standard di prestito più rigidi e una gestione più prudente del bilancio e sfruttando le linee di prestito federali più generose per aumentare le riserve di liquidità. Pertanto, da un punto di vista puramente fondamentale, non riteniamo che per questi istituti si prospetti una crisi di liquidità imminente.

Detto questo, la mancanza di fiducia potrebbe persistere tra alcuni partecipanti al mercato e le azioni bancarie e gli strumenti di debito potrebbero subire un'ulteriore pressione di vendita. Quindi, nonostante si trovino in una posizione di liquidità più forte rispetto a prima del crollo di SVB, una crisi di fiducia rimane un rischio concreto per le banche regionali.

Le preoccupazioni degli investitori sono, in parte, giustificate dai venti contrari presenti nel settore bancario, ossia i tassi d'interesse elevati, la curva dei rendimenti invertita e l'imminente stretta normativa. Finché i tassi d'interesse a breve termine rimarranno elevati, le banche dovranno probabilmente affrontare la concorrenza dei fondi del mercato monetario e dei titoli di Stato per ottenere depositi. Pertanto, riteniamo che ci sarà un impatto sulla redditività del settore, soprattutto per le banche più piccole che non hanno la stessa diversificazione delle banche di importanza sistemica globale (G-SIB) a livello di flussi di ricavi e basi di clienti.

Le implicazioni per gli investitori

Dal 2008, ci siamo trovati in un ambiente monetario altamente accomodante, con tassi d'interesse allo 0% per la maggior parte del tempo e la Fed che è intervenuta per aiutare ogni volta che ha potuto. Ma il ritorno a un mondo storicamente normale, con tassi superiori allo zero, ha cambiato il quadro.

Sebbene l'inflazione abbia iniziato a raffreddarsi, è ancora ben al di sopra dell'obiettivo del 2% della Fed e sembra quindi improbabile che la banca centrale sia in grado di abbassare sensibilmente i tassi a breve, a meno che non si verifichi una recessione su larga scala. Crediamo che la portata dei venti contrari che soffiano sull'economia dipenderà in larga misura da quanto a lungo la Fed manterrà i tassi a livelli elevati per frenare l'alta inflazione, che a sua volta dipende da un raffreddamento dell'economia e da condizioni di prestito più rigide da parte delle banche.

A nostro avviso, è probabile che un ambiente macroeconomico più impegnativo porti a una biforcazione all'interno dell'industria bancaria e di altri settori. Pertanto, riteniamo che in questa fase sia fondamentale una strategia di investimento che pesi attentamente il rapporto rischio-rendimento delle singole società. Inoltre, la situazione è dinamica e in rapida evoluzione, il che richiede agli investitori di elaborare continuamente nuove informazioni e mantenere un approccio agile per adattarsi alle circostanze mutevoli.

In sintesi, l'asticella dei tassi d'interesse più elevati è stata alzata e la concorrenza è diventata più difficile da gestire sia per le società finanziarie che per quelle non finanziarie. Vediamo maggiori probabilità che emergano chiaramente attori vincenti e perdenti all'interno dei settori e, pertanto, sconsigliamo di detenere posizioni in tutte le società di un indice. Riteniamo invece che un approccio attivo e guidato dalla ricerca possa consentire ai gestori di investimenti di comprovata efficacia di identificare e gestire i rischi di mercato, mantenendo nel contempo l'ottimismo nei confronti delle aziende destinate a prosperare in un ambiente competitivo più duro.

INFORMAZIONI IMPORTANTI

I settori finanziari possono essere molto influenzati da una regolamentazione governativa di vasta portata, esposti a cambiamenti relativamente rapidi a causa di distinzioni sempre più sfumate tra i segmenti di servizio, e fortemente condizionati dalla disponibilità e dal costo dei fondi di capitale, dalle variazioni dei tassi d'interesse, dal tasso di default sul debito delle imprese e dei consumatori e dalla concorrenza sui prezzi.

Queste sono le opinioni dell'autore al momento della pubblicazione e possono differire da quelle di altri individui/team di Janus Henderson Investors. I riferimenti a singoli titoli non costituiscono una raccomandazione all'acquisto, alla vendita o alla detenzione di un titolo, di una strategia d'investimento o di un settore di mercato e non devono essere considerati redditizi. Janus Henderson Investors, le sue affiliate o i suoi dipendenti possono avere un’esposizione nei titoli citati.

 

Le performance passate non sono indicative dei rendimenti futuri. Tutti i dati dei rendimenti includono sia il reddito che le plusvalenze o le eventuali perdite ma sono al lordo dei costi delle commissioni dovuti al momento dell'emissione.

 

Le informazioni contenute in questo articolo non devono essere intese come una guida all'investimento.

 

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