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Le tendenze monetarie globali segnalano una politica eccessiva

Simon Ward

Simon Ward

Economic Advisor


29 lug 2022
3 minuti di lettura

I dati monetari di giugno confermano prospettive economiche poco incoraggianti e un aumento del rischio di deflazione a medio termine.

Le banche centrali non hanno tratto gli insegnamenti del loro errore politico del 2020-2021 e meritano il biasimo che probabilmente riceveranno con il protrarsi della debacle economica nei prossimi trimestri.

Le decisioni politiche possono essere descritte in modo accurato come anti-monetariste, non solo perché ignorano i dati monetari, ma anche piuttosto in quanto sono l'esatto opposto di quelle giustificate dalle tendenze monetarie.

Le banche centrali hanno continuato ad attuare un QE ridicolmente sovradimensionato nel 2020-2021, anche se la crescita della massa monetaria aveva raggiunto un livello che i predecessori degli anni Settanta avrebbero trovato imbarazzante; e quest'anno hanno ignorato gli orientamenti precedenti adottando un'aggressiva politica di inasprimento malgrado il fatto che le tendenze monetarie segnalassero in modo evidente un rischio di recessione e ora di deflazione.

I dati monetari di giugno per gli Stati Uniti, l'Eurozona e il Regno Unito pubblicati questa settimana evidenziano la portata del fiasco politico in corso prima delle ulteriori mosse di inasprimento di questo mese. (La Banca del Giappone merita una menzione d'onore per avere rifiutato di unirsi alla corsa dei lemming verso il precipizio.)

Con i dati di giugno del Canada ancora in fase di pubblicazione, la previsione del tasso di variazione a sei mesi dell'aggregato monetario ristretto in termini reali dei paesi del G7 è ulteriormente scesa a -3,1% (-6,1% annualizzato), un livello raggiunto in precedenza solo prima o durante gravi recessioni a metà degli anni Settanta e inizio degli anni Ottanta. Nel frattempo l'aggregato monetario ampio in termini reali si sta contraendo più rapidamente rispetto a quegli episodi recessivi (cfr. grafico 1).

Fino ad aprile, la debolezza dell'aggregato monetario in termini reali era principalmente imputabile all'inflazione elevata: la crescita a sei mesi dell'aggregato monetario ristretto nominale, seppur in netto rallentamento, era sempre a metà del suo intervallo prepandemico. Non è più il caso: in giugno la crescita nominale semestrale è scesa all'1,6% (3,3% annualizzato) (grafico 2).

L'impatto della stretta monetaria di quest'anno si riflette in modo più accurato nel tasso di variazione a tre mesi, che è passato sotto lo zero in giugno, un evento raro che storicamente segnala una recessione e/o un calo dei prezzi (grafico 3).

Gli indicatori monetari ristretti calcolati qui per gli Stati Uniti e il Regno Unito sono diminuiti da mese a mese in giugno, mentre l'indicatore per l'Eurozona rimaneva invariato.

L'aggregato monetario ristretto è più sensibile ai cambiamenti di politica di quello ampio, ma i dati complessivi non sono meno allarmanti. La crescita a tre mesi dell'aggregato monetario ampio del G7 si è ridotta all'1,3% annualizzato in aprile, con un andamento laterale in maggio e giugno (grafico 4).

L'evidenza monetaria, quindi, è che le impostazioni politiche a metà anno erano già a livelli eccessivi, indicando una profonda recessione con un crescente rischio di deflazione a medio termine.

Un contro argomento erroneo di questa valutazione è il vigore della crescita dei prestiti bancari, in particolare negli Stati Uniti. Da un punto di vista non monetarista, questo dato è la riprova che le condizioni finanziarie non sono ancora restrittive. Anche alcuni monetaristi hanno suggerito che la solidità dei prestiti è rilevante per valutare le impostazioni dei tassi, dato che la crescita della massa monetaria riprenderà se la dinamica del credito è sostenuta.

Non lo sarà. I prestiti bancari sono un indicatore coincidente/ritardato dell'economia. È normale che la crescita dei prestiti sia solida e/o in aumento prima di una recessione (grafico 5).

La domanda di prestiti societari è stata amplificata da un aumento insolitamente consistente della costituzione delle scorte che sta iniziando a invertirsi (grafico 6). L'ultima indagine sui prestiti bancari della BCE ha evidenziato un brusco calo della domanda di credito, oltre a un inasprimento dell'offerta, e ci aspettiamo lo stesso avvertimento dall'indagine corrispondente della Fed la settimana prossima.

Global money trends

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