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Lezioni sull'inflazione tratte dagli anni Settanta

Simon Ward

Simon Ward

Economic Advisor


16 mar 2022

Perché l'inflazione divenne un fenomeno radicato negli anni Settanta?

Secondo il consensus, l'iniziale shock inflazionistico venne incorporato nelle aspettative, conferendo una connotazione inflazionistica al processo di determinazione dei prezzi e dei salari.

La visione "monetarista" è che l'elevata crescita monetaria, agendo da propulsore sottostante, svolse un ruolo fondamentale nel consentire l'alterazione delle aspettative d'inflazione.

A novembre 1972 la crescita della massa monetaria annuale del G7 toccò il massimo, seguito due anni dopo dal picco toccato dall'inflazione annuale del CPI (cfr. grafico 1).

La crescita dell'aggregato monetario ampio ha registrato un'impennata analoga, toccando il massimo a giugno 2020, cui farà probabilmente seguito un picco dell'inflazione CPI a metà del 2022. Il picco finale della crescita monetaria è stato toccato a febbraio 2021, a indicare che l'inflazione rimarrà elevata fino al 2023.

Le autorità monetarie reagirono all'impennata dell'inflazione nel 1973-1974 attuando una stretta aggressiva della politica (cfr. grafico 2, che sovrappone una media ponderata dei tassi di interesse a breve termine del G7). Avevano ignorato l'allarme inflazionistico lanciato dai trend monetari, ma dimostrarono uno zelo di stampo "volckeriano" nel cercare di correggere il loro errore.

La stretta della politica provocò un forte rallentamento monetario nel 1973-1975. Sulla scia del continuo aumento dell'inflazione, i saldi monetari reali crollarono e le economie entrarono in recessione.

A quel punto si verificò l'errore politico decisivo. Pur essendo diminuita in misura significativa, la crescita monetaria era rimasta elevata in termini storici e incompatibile con un'inversione totale dell'aumento dell'inflazione. Ciò nonostante, i decisori politici effettuarono un'altra inversione a "U" a fronte della recessione, riducendo i tassi d'interesse con la stessa aggressività con cui li avevano aumentati.

Il risultato fu che la crescita dell'aggregato monetario ampio del G7 toccò il fondo per poi risalire oltre il 10% all'inizio del 1975 e quindi rimbalzare nel 1976. I tassi a breve vennero mantenuti al loro livello più basso malgrado la persistente inflazione elevata e la crescita monetaria rimase al di sopra del 10% fino al 1979.

Quali sono le lezioni per oggi?

Sebbene gli aumenti dei tassi siano solo all'inizio, la convinzione in merito è che la politica abbia già subito una "stretta" sotto forma di cessazione del QE e virata verso indicazioni prospettiche aggressive. Negli Stati Uniti, ciò è attestato dall'aumento di 210 pb del tasso ombra dei Fed Fund Wu-Xia tra novembre e febbraio. (Il corrispondente tasso ombra britannico è aumentato di ben 10,2 pp da gennaio 2021).

In linea con questa interpretazione, la crescita annuale dell'aggregato monetario ampio è scesa a febbraio a un tasso stimato del 7,5%, con il tasso di aumento annualizzato a tre mesi in calo al 5%.

Benché la dinamica del CPI sia ancora in via di rafforzamento, i saldi monetari reali stanno contraendosi e il rischio di recessione è aumentato. La contrazione di moneta reale è tuttavia lieve rispetto al 1974-1975.

In base ai trend attuali, il quadro monetario sarà presto compatibile con un futuro ritorno dell'inflazione agli obiettivi, anche se probabilmente non prima del 2024.

Le banche centrali si trovano di fronte a rischi contrapposti. Qualora aumentassero i tassi in linea con le aspettative, i trend monetari potrebbero indebolirsi ulteriormente, causando inutili danni economici e un calo a medio termine al di sotto degli obiettivi di inflazione.

Tuttavia, se decidessero di non intervenire, la crescita monetaria potrebbe registrare un rimbalzo analogo a quello del 1975 in un momento in cui le aspettative di inflazione evidenziano segnali di "disancoraggio".

A questo proposito si ritiene che il primo tipo di rischio sia decisamente maggiore.

Un aspetto fondamentale è che l'elevata crescita monetaria negli anni Settanta era riconducibile alla forza sottostante della domanda di credito del settore privato. I tagli dei tassi nel 1974-1975 determinarono pertanto un forte rimbalzo dell'espansione dei prestiti bancari, supportando una crescita monetaria inflazionistica (cfr. grafico 3).

Per contro, l'impennata della crescita monetaria nel 2020 è interamente imputabile al QE (più precisamente, al finanziamento monetario dei disavanzi fiscali). L'espansione dei prestiti bancari è di recente aumentata, senza però avvicinarsi ai livelli raggiunti negli anni Settanta, né tanto meno a quelli degli anni Duemila.

A conti fatti è improbabile che la crescita monetaria registri un rimbalzo forte se le banche non aumentano i tassi, escludendo l'ipotesi di un ritorno al QE.

I decisori politici dovrebbero monitorare i trend monetari e adeguare la propria posizione di conseguenza, in senso accomodante in caso di continuazione del recente rallentamento, o in senso restrittivo nell'improbabile eventualità di riaccelerazione. Il dato sorprendente è che continuano a negare qualsiasi nesso tra l'impennata della crescita monetaria nel 2020 e gli attuali problemi di inflazione. Tale negazione è la ricetta per un processo decisionale mediocre e una volatilità economica in stile anni Settanta.

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