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Un altro passo verso la stretta della politica, con una precisazione

Jason England

Jason England

Gestore di portafoglio


Daniel Siluk

Daniel Siluk

Gestore di portafoglio


16 mar 2022

I gestori di portafoglio Jason England e Daniel Siluk ritengono che, sebbene la decisione della Federal Reserve (Fed) di aumentare i tassi d'interesse sia stata adeguatamente comunicata e motivata, il mercato stia probabilmente sopravvalutando l'impegno della banca centrale statunitense ad attuare una stretta aggressiva.

In sintesi

  • Come previsto, l'accelerazione dell'inflazione ha indotto la Federal Reserve (Fed) a effettuare il primo aumento dei tassi di 25 punti base (pb) di questo ciclo, ponendo così fine alla politica di tassi d'interesse zero dell'era della pandemia.
  • A nostro avviso, l'inflazione elevata ha messo la Fed in una posizione scomoda e incrementato il rischio di errori politici, con due possibili esiti in conflitto tra loro- rallentamento della crescita e incorporazione di aspettative d'inflazione più elevata.
  • Prevediamo che la politica monetaria USA alla fine si dimostrerà più accomodante di quanto molti si aspettino e crediamo pertanto che le obbligazioni a lungo termine rimangano esposte al rischio di pressioni inflazionistiche destinate a durare.

 

Con un intervento ben comunicato, mercoledì la Federal Reserve (Fed) ha innalzato il tasso di riferimento overnight di 25 punti base (pb), portandolo a un range di 0,25% - 0,50%. L'elemento probabilmente più importante è che la previsione della banca centrale USA per il futuro percorso di rialzi dei tassi - come espresso nel sondaggio "Dots", che riporta la proiezione di ogni funzionario della Fed per il tasso dei Fed Fund - è salita a sette rialzi quest'anno e quattro nel 2023. Nel sondaggio di dicembre, le aspettative erano di tre rialzi in ciascuno di tali anni.

Benché alcuni possano interpretare tutto questo come una continuazione della virata verso un orientamento aggressivo, noi siamo più cauti. Riteniamo che i sette aumenti dei tassi di 25 pb che il mercato futures sconta per quest'anno rappresentino assolutamente un limite massimo di potenziali rialzi e che la concretizzazione di tale scenario sia improbabile. Riguardo all'attuale sondaggio Dots va inoltre fatta una precisazione fondamentale: alla riunione di questa settimana ha partecipato un minor numero di membri votanti a causa della transizione in corso nella composizione della leadership della Fed e nessuno dei canditati del Presidente Biden ha partecipato. È importante sottolineare che, a nostro avviso, i nuovi membri propenderanno per una posizione accomodante, il che rafforza la nostra convinzione che le aspettative del mercato abbiano superato la realtà. È opportuno ricordare che per tutto il suo mandato, quando il Presidente Jerome Powell ha dovuto scegliere tra due alternative - senza essere gravato da massimi pluridecennali di inflazione - ha optato per quella più accomodante.

A proposito di inflazione

Il Presidente Powell non è riuscito ad arrestare la marcia dell'inflazione. A febbraio, gli indici dei prezzi al consumo USA headline e core hanno entrambi toccato massimi pluridecennali, raggiungendo rispettivamente il 7,9% e il 6,4%. Le aspettative di mercato di assestamento degli aumenti dei prezzi verso il range a lungo termine del 2,0% auspicato dalla Fed sembrano scarse. Per i prossimi cinque anni si prevede un'inflazione media del 3,6% sulla base del mercato dei Treasury Inflation-Protected Securities (TIPS) statunitensi. Sull'orizzonte decennale, la media è un 2,95%, leggermente meno tormentoso. Interpretiamo questi livelli elevati come il crescente riconoscimento del mercato che la Fed sarà più tollerante nei confronti di un ritmo di inflazione raramente osservato negli Stati Uniti negli ultimi tre decenni.

La Fed si trova comunque di fronte a un enigma. Gran parte dell'attuale impennata dei prezzi è dovuta a limitazioni sul fronte dell'offerta. La pandemia globale ha notoriamente provocato turbative nell'offerta di semiconduttori e altri importanti fattori produttivi industriali. Le carenze di forza lavoro hanno determinato pressioni rialziste sui salari, che alimentano direttamente l'inflazione, soprattutto nelle economie basate sui servizi. Purtroppo per la Fed, lo strumento "spuntato" dei rialzi dei tassi tende a essere meno efficace nel contrastare l'inflazione provocata da fattori di offerta di quanto lo sia nel frenare i periodi di accelerazione dei prezzi causata da una domanda molto esuberante.

Un percorso politico sempre più stretto

La natura di quest'impennata dell'inflazione, acuita dai recenti eventi geopolitici, amplifica le nostre preoccupazioni per la possibilità di errori nella politica monetaria. I decisori politici devono trovare un arduo punto di equilibrio. Qualora la Fed attuasse una stretta eccessiva, l'economia statunitense potrebbe cadere in recessione. Se rimanesse dietro la curva e le aspettative di inflazione più elevata venissero incorporate, le valutazioni obbligazionarie potrebbero finire sotto pressione a causa della necessità di sconti più alti per compensare il minore valore dei flussi di cassa futuri.

È opportuna una certa cautela

Lo schema di ritmo metodico di aumento dei tassi previsto nel 2022 è stato stravolto. Riteniamo che ogni riunione della Fed abbia il potenziale di dimostrarsi "attiva", ossia che possa in pratica effettuare un rialzo dei tassi. Non possiamo escludere che a un certo punto vi sia aumento di 50 bp, per quanto probabilmente comunicato in maniera adeguata, secondo il modus operandi del Presidente Powell.

Tuttavia, il cambiamento forzato nella posizione della Fed significa che il periodo di "massima incertezza politica" è stato probabilmente prolungato. La nostra opinione è che la Fed metterà in atto ogni tentativo di procedere con cautela. Questa stessa cautela potrebbe però determinare una volatilità ancora maggiore dei tassi a lungo termine perché l'attenzione degli investitori è puntata sul rischio di un'inflazione superiore ai livelli tendenziali.

Riteniamo pertanto che gli investitori debbano trattare con cautela l'esposizione ai tassi di interesse, o duration. A nostro avviso le obbligazioni a lungo termine sembrano le più vulnerabili a una volatilità elevata. Alla luce dell'appiattimento relativo della curva dei rendimenti, il rendimento incrementale per detenere scadenze più lunghe potrebbe non valere il rischio più elevato. Infine, l'incertezza geopolitica derivante dagli eventi in Ucraina rafforza ulteriormente la nostra convinzione che ora non sia il momento di assumere rischi indebiti a livello di allocazione obbligazionaria.

 

Un punto base (pb) equivale a 1/100 di punto percentuale.1 pb = 0,01%, 100 pb = 1%.

La duration è una misura della sensibilità del prezzo di un'obbligazione a variazioni dei tassi d'interesse. Quanto più lunga è la duration di un'obbligazione, tanto maggiore è la sua sensibilità a variazioni dei tassi d'interesse, e viceversa.

Inflazione: Il tasso di aumento dei prezzi di merci e servizi in una economia.

Volatilità: Il tasso e la misura in cui i prezzi dei titoli si muovono al rialzo e al ribasso. Ampi movimenti indicano una volatilità elevata.

Curva dei rendimenti: Un grafico che illustra i rendimenti di obbligazioni di qualità analoga in relazione alle rispettive scadenze. In una curva dei rendimenti normale/con un'inclinazione positiva, i rendimenti delle obbligazioni a lunga scadenza sono superiori a quelli delle obbligazioni a breve termine. Una curva dei rendimenti può segnalare le aspettative del mercato circa la direzione dell'economia di un Paese.

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