Greg Wilensky, Responsabile reddito fisso USA e Michael Keough, Portfolio Manager, spiegano il recente calo del reddito fisso statunitense in un contesto più ampio ed esaminano se l'obbligazionario abbia ancora le carte in regola per meritare un'allocazione in un portafoglio diversificato.
Opinioni espresse all’inizio di giugno 2022.
Il 2022 non è stato finora generoso con gli investitori obbligazionari: dall'inizio dell'anno il Bloomberg U.S. Aggregate Bond Index (Agg) ha infatti ceduto l'8,5%. Oltre al danno la beffa: il ribasso del mercato obbligazionario è avvenuto esattamente nel momento in cui gli investitori avevano necessità di compensare i rendimenti negativi dei mercati azionari. Dopotutto non è forse quello che ci si aspetta dal reddito fisso, ossia offrire protezione del capitale in caso di sell-off degli asset rischiosi? Alla fine del primo trimestre, l'indice Agg era sceso del 5,9% da inizio anno a fronte di un calo del 4,9% dello S&P 500® e gli investitori si sono posti interrogativi difficili sulle loro allocazioni obbligazionarie. È ora di abbandonare il reddito fisso? Perché detenere obbligazioni se sono suscettibili a una volatilità di tipo azionario? Le azioni hanno quanto meno un potenziale di crescita, ma le obbligazioni comportano un downside di tipo azionario senza la stessa opportunità di upside.
I rendimenti negativi da inizio anno sono stati dolorosi per gli investitori e hanno avuto l'effetto di uno shock. L'obbligazionario ha reagito con modalità considerabili atipiche in condizioni di mercato normali, ossia subendo un calo rilevante, per di più in un periodo di tempo molto breve, come illustrato nella Figura 1.
Figura 1: Gli investitori Agg devono far fronte a perdite pesanti a fronte della svolta verso la stretta monetaria
Traiettoria annuale dei rendimenti U.S. Agg dal 1999

Fonte: Bloomberg, al 27 maggio 2022. Le performance passate non sono garanzia dei rendimenti futuri
Molto è stato scritto sulle ragioni di tale andamento, quali inflazione, guerra in Ucraina e svolta politica aggressiva della Federal Reserve (Fed). Sul piano economico, il fattore più preoccupante è stato costituito dalla natura persistente e diffusa delle pressioni inflazionistiche negli Stati Uniti che a nostro avviso continuano a costituire uno dei maggiori fattori di rischio per gli asset obbligazionari. Al di là delle ragioni di tale flessione, a questo punto è forse utile esaminare ciò che è accaduto in un'ottica più ampia, riflettere su come potremmo interpretarlo in modo ottimale e rispondere infine all'interrogativo incombente: l'obbligazionario offre ancora le caratteristiche difensive, di diversificazione e generazione di reddito che abbiamo tradizionalmente associato all'asset class?
Insegnamenti dal regno animale sulla gestione dei mercati obbligazionari
Per gran parte di due decenni Laurie Santos, professoressa di psicologia di fama mondiale presso la Yale University, ha studiato la mente umana e ciò che la rende unica. Confrontando la cognizione umana con quella animale, è in grado di determinare quali capacità cognitive siano prettamente umane e quali comuni ad altre specie.
Dopo la crisi finanziaria globale (GFC) del 2008, la professoressa Santos ha deciso di verificare se l'avversione alle perdite – la nostra tendenza a evitare preferenzialmente le perdite anziché acquisire guadagni equivalenti – sia tanto diffusa nelle scimmie quanto negli esseri umani. Dopo aver spiegato alle sue scimmie da laboratorio il concetto di denaro dando loro dei gettoni da poter scambiare con i ricercatori in cambio di cibo, ha condotto un esperimento in cui le scimmie potevano scegliere di acquistare cibo da uno dei due ricercatori. Il primo ricercatore offriva due acini d'uva in cambio di un gettone. Un secondo ricercatore offriva tre acini, ma ne sottraeva uno prima di effettuare lo scambio. In entrambi i casi, il risultato netto era equivalente per le scimmie, ossia due acini in cambio di un gettone. Tuttavia, gli studi hanno dimostrato che le scimmie hanno in ogni caso preferito acquistare dal primo ricercatore. A quanto pare non amavano sentirsi private di qualcosa. Non è forse consueto?
Le nostre sensazioni nei confronti dei rendimenti obbligazionari negativi non sono forse diverse da ciò che hanno provato le scimmie cappuccine nell'esperimento della professoressa Santos. Negli ultimi cinque anni, il mercato obbligazionario si è probabilmente comportato più come il secondo ricercatore dello studio, creando una particolare aspettativa di guadagno, per poi sottrarre una parte di tale guadagno e lasciarci così delusi per il risultato ottenuto.
Esaminiamo più a fondo quanto accaduto. La Figura 2 mostra i rendimenti totali dell'Agg negli ultimi cinque anni. Il grafico illustra due percorsi distinte, ciascuna dei quali si conclude però nello stesso endpoint.
Il percorso dal punto A al punto B indica il rendimento totale cumulato ipotetico, lineare, a cinque anni dell'indice Agg, che è stato pari al 6,9%, ossia 1,3% annualizzato. Benché questo rendimento non sia affatto entusiasmante, a nostro avviso, non esce dal range dei risultati che un investitore si attende dal reddito fisso statunitense. Di certo non sembra essere il tipo di rendimento che induce gli investitori a prendere in considerazione un completo abbandono delle allocazioni obbligazionarie.
Il percorso effettivo dal punto A al punto C e poi al punto B esprime un'evoluzione molto diversa, anche se l'endpoint è identico. Dal 28 maggio 2017 al 6 agosto 2020, l'Agg ha registrato un rally del 19,0% grazie alla svolta conciliante della Fed all'inizio del 2019 e alla politica monetaria estremamente accomodante adottata in risposta alla crisi COVID-19. Dal 6 agosto 2020 l'Agg ha tuttavia ceduto il 12,1% di quell'originario rendimento del 19,0% . Pur avendo concluso allo stesso livello, abbiamo forse la sensazione di aver perso qualcosa lungo il percorso.
Figura 2: View quinquennale, due percorsi diversi, lo stesso endpoint
Rendimenti cumulati U.S. Agg

Fonte: Bloomberg, al 27 maggio 2022. I rendimenti passati non sono garanzia dei risultati futuri.
Il reddito fisso si comporta ancora come tale?
L'essenza dello studio della professoressa Santos è che, sebbene la propensione per l'avversione alle perdite sia probabilmente frutto di milioni di anni di esistenza ed evoluzione, se riusciamo a identificare i nostri pregiudizi e limiti biologici, siamo in grado di superarli meglio. Evidenziare questo aspetto agli investitori obbligazionari è importante se si vuole considerare la recente flessione del mercato obbligazionario in un contesto più ampio, evitando reazioni eccessive agli eventi più recenti.
Ora che vediamo il percorso compiuto negli ultimi cinque anni in un'ottica più ampia, dobbiamo compiere un ulteriore passo avanti e chiederci se, in tale periodo, l'obbligazionario si sia nel complesso comportato come da noi previsto o si sia invece discostato dalla sua vera natura. Ha forse tradito la nostra fiducia nella sua capacità di svolgere un particolare lavoro per noi?
In linea con un approccio all'obbligazionario basato su obiettivi, possiamo valutare la performance dell'asset class in funzione della sua capacità di svolgere tre funzioni chiave nell'ambito dei portafogli.
- Difendere – Ricorriamo all'obbligazionario per offrire una volatilità dei rendimenti minore rispetto all'azionario. La deviazione standard a 5 anni dell'Agg è stata del 4,0%, lievemente più elevata di quella a 10 anni, pari al 3,5%. Tali percentuali si rapportano alla deviazione standard del 16,3% e 13,7% dell'indice S&P 500 negli stessi periodi. A nostro avviso, le obbligazioni continuano a costituire un asset con minore volatilità e a garantire una maggiore stabilità rispetto ai portafogli azionari puri.
- Diversificare - Ci serviamo dell'obbligazionario per diversificare le esposizioni al rischio in un portafoglio. Una misura fondamentale a tale proposito è la correlazione tra azioni e obbligazioni. Dall'esame dei dati, emerge che la correlazione a cinque anni tra l'Agg e l'S&P 500 è 0,15, rispetto a una correlazione a dieci anni di 0,02. Sebbene negli ultimi cinque anni i rendimenti azionari e obbligazionari siano stati più correlati, la loro correlazione è ancora molto bassa. A nostro avviso, il recente rialzo marcato dei rendimenti obbligazionari ha inoltre rafforzato la capacità del reddito fisso di offrire diversificazione ai portafogli in futuro.
- Incrementare il reddito – Benché nel 2020 e 2021 gli investitori obbligazionari abbiano riportato un reddito esiguo, sulla scia dell'aumento dei tassi d'interesse e dell'allargamento degli spread creditizi, i rendimenti del reddito fisso ora sono prossimi al picco del 3,3% toccato dopo la GFC (Figura 3). Di conseguenza, malgrado il doloroso calo dei prezzi delle obbligazioni quest'anno, chi investe nel reddito fisso oggi beneficia di alcuni dei rendimenti più elevati disponibili dall'epoca della GFC. Se negli ultimi tempi quando si parlava di azioni lo slogan era TINA (There Is No Alternative, ossia non esiste alternativa), ora che i rendimenti obbligazionari sono più elevati e incombe un rallentamento della crescita globale, TINARA (There Is Now A Reasonable Alternative, e cioè ora esiste un'alternativa ragionevole) potrebbe essere più appropriato.
Figura 3: Rendimenti prossimi al picco post-GFC
Rendimento a scadenza U.S. Agg

Fonte: Bloomberg, al 27 maggio 2022. I rendimenti passati non sono garanzia dei risultati futuri.
Cosa fare ora?
A nostro avviso, è ora più importante che mai che gli investitori mantengano disciplina d'investimento e diversificazione del portafoglio. L'obbligazionario continua a offrire caratteristiche difensive e di diversificazione, oltre a un reddito più elevato ai rendimenti attuali, e non crediamo che gli investitori debbano abbandonare questi principi di gestione del portafoglio proprio ora.
Si può forse avanzare la tesi che i rendimenti obbligazionari siano scesi in modo costante per 40 anni e ora, con i tassi a livelli storicamente bassi, non possano fare altro che salire. Seppure innegabile che i rendimenti obbligazionari siano scesi in modo costante negli ultimi quattro decenni, favorendo così gli asset a reddito fisso, non si può ignorare il fatto che il calo dei rendimenti sia stato altrettanto proficuo per le azioni. Sulla scia del calo dei rendimenti, sono scesi anche i tassi di finanziamento per le imprese e questi minori oneri d'interesse sui prestiti delle società hanno rafforzato gli utili societari. Inoltre, cosa ancora più importante, i tassi dei Treasury a lungo termine sono un fattore chiave della valutazione delle azioni. Il costante calo dei tassi ha agito come un propulsore continuo del valore delle azioni in quanto il tasso di sconto più basso ha incrementato il valore attuale dei flussi di cassa futuri. Gli investitori farebbero bene a riconoscere che il calo dei rendimenti ha favorito i rendimenti sia azionari che obbligazionari e, allo stesso modo, è improbabile che i mercati azionari siano risparmiati dalle problematiche di un contesto di rialzo dei tassi.
Benché un contesto di tassi potenzialmente in aumento possa rivelarsi più difficile per gli asset obbligazionari in futuro, le altre asset class non saranno immuni dalle stesse problematiche. A nostro avviso, l'approccio migliore consiste nel mantenere un'allocazione azionaria e obbligazionaria appropriata in funzione delle propensioni al rischio predeterminate di un investitore e quindi impegnarsi per gestire attivamente ogni asset class mediante selezione titoli e asset allocation dinamica, con l'obiettivo di conseguire rendimenti corretti per il rischio migliori rispetto all'indice.
Tutti i dati riportati negli articoli sono tratti da Bloomberg, al 27 maggio 2022, salvo altrimenti specificato.