Trump, i dazi e il ruolo del dollaro come valuta di riserva
Per Myron Scholes, Chief Investment Strategist, e Ashwin Alankar, Global Head of Asset Allocation, i costi generati dal sacrificio del dollaro statunitense come valuta di riserva mondiale sono troppo elevati per giustificare qualsiasi dubbio tentativo di riportare negli Stati Uniti un'ampia quantità di capacità produttiva.

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In sintesi
- I benefici dello status di valuta di riserva sono pagati dal disavanzo commerciale. Liberarsi di tale disavanzo significa rinunciare a questo status.
- Gli Stati Uniti hanno tratto enormi benefici dal fatto che le organizzazioni estere hanno reinvestito i propri profitti in dollari nel Paese, in particolare sotto forma di acquisti di Treasury.
- Capovolgere il paradigma attuale limiterebbe fortemente la capacità degli USA di coprire a buon mercato il loro ampio disavanzo e molte delle soluzioni proposte non superano un semplice test matematico.
I vantaggi dello status di valuta di riserva del dollaro USA hanno un costo, pagato dal disavanzo commerciale. Allo stesso modo, anche l'obiettivo del presidente Trump di trasformare il disavanzo commerciale statunitense in surplus commerciale ha un costo, che sarà pagato dal dollaro sul lungo termine con l'indebolimento dello status di valuta di riserva.
Questo obiettivo potrebbe rivelarsi molto costoso. L'impatto peggiore stimato dei nuovi dazi annunciati da Trump sull'S&P 500® Index è un calo a quota 4.650, circa il 16% in meno rispetto al livello attuale. 1 Ciò presuppone che tutti gli incrementi di prezzo derivanti dai dazi siano a carico delle aziende, e non dei consumatori, con una conseguente contrazione degli utili.
Il presidente Trump ha imposto dazi sulle importazioni da tutto il mondo. I maggiori incrementi riguardano i paesi asiatici. Questi dazi influenzeranno i prezzi delle importazioni, come i prodotti per la casa e le automobili provenienti dall'estero. Il costo delle merci importate negli Stati Uniti aumenterà invariabilmente.
Gli aumenti dei prezzi semplicemente non possono essere compensati dalla produzione di merci a costi simili negli Stati Uniti. Il costo dell'insourcing sarebbe molto più elevato del costo delle attuali importazioni.
La domanda è: questi costi saranno compensati? Si tratta di un'eventualità altamente improbabile. Alcuni sostengono che le tasse saranno ridotte, o che i deficit di bilancio diminuiranno grazie al gettito dei dazi. Per altri osservatori, con una maggiore produzione negli Stati Uniti, l'incremento degli occupati dovrebbe tradursi in un maggiore gettito fiscale e in una riduzione della domanda di sussidi, cresciuta negli ultimi anni. Questa teoria postula che la conseguente riduzione del deficit finanzierebbe tagli fiscali, che a loro volta smorzerebbero l'effetto dell'aumento dei prezzi sui lavoratori, in tutta l'economia. Se questo scenario roseo potesse concretizzarsi, il lavoro sarebbe già stato riportato negli Stati Uniti. Inoltre, tale transizione richiederebbe anni per interessare tutta l'economia.
Non c'è alcuna garanzia
A causa dei dazi, gli Stati Uniti importeranno inevitabilmente meno merci. Ciò avrà un impatto sullo status del dollaro come valuta di riserva, nonché sui suoi innumerevoli vantaggi, poiché l'offerta di dollari statunitensi all'estero diminuirà. Gli Stati Uniti sono un paese in deficit, semplicemente perché importa più di quanto esporta. Ma questo squilibrio è il meccanismo che fornisce dollari al resto del mondo. La costanza di questi flussi è alla base dello status di valuta di riserva mondiale del biglietto verde, di cui gli Stati Uniti hanno notevolmente beneficiato.
I dollari detenuti dagli stranieri devono andare da qualche parte, e tornano – in misura massiccia – come investimenti sugli asset statunitensi, in particolare nei Treasury. La domanda persistente di Treasury finanzia il debito e il deficit statunitensi a tassi molto bassi. A differenza del resto del mondo, gli Stati Uniti godono di acquirenti naturali del loro debito, sotto forma di entità estere in possesso di enormi quantità di dollari, e ciò consente loro di finanziare investimenti e consumi facilmente e a basso costo. Se lo status di valuta di riserva venisse indebolito o abbandonato, tale enorme vantaggio andrebbe perduto. Questo è il costo brutale del passaggio da un paese in disavanzo commerciale a uno in surplus commerciale.
Una transizione dolorosa
In presenza di uno shock sistemico, man mano che le imprese e i consumatori si adeguano o cercano di adeguarsi al nuovo paradigma, la volatilità aumenta. Con l'aumento della volatilità, la crescita tende a rallentare. Un fenomeno che non è diverso dall'effetto negativo della volatilità sui rendimenti composti, che sono semplicemente tassi di crescita. In presenza di una maggiore volatilità, le decisioni - in particolare quelle sugli investimenti e la tempistica - richiedono più tempo, in attesa che l'incertezza si attenui.
Il percorso verso un paese con un avanzo commerciale causerebbe un aumento dei costi di produzione delle merci e una diminuzione dei consumi e degli investimenti, a causa dell'incertezza e delle necessarie variazioni dei costi. Di conseguenza, l'efficienza della produzione diminuirebbe, anche rispetto alla produzione, al know-how e ai costi esteri. L'offerta di manodopera statunitense per il settore manifatturiero, la sua qualità e il suo know-how, sono inferiori a quelli disponibili all'estero. Trasformare gli Stati Uniti in un hub manifatturiero non è privo di costi, e non è conveniente.
Con la riduzione delle importazioni il dollaro dovrebbe rafforzarsi. Ciò compenserebbe parte dei dazi. I produttori stranieri finirebbero per pagare in parte la tassa. Sia i paesi stranieri che gli Stati Uniti sosterrebbero costi sostanziali, in uno scenario in cui semplicemente non ci sono vincitori. Gli sforzi degli Stati Uniti sarebbero frustrati, se il dollaro si rafforzasse eccessivamente. L'amministrazione Trump vuole un indebolimento del dollaro per riportare la produzione negli Stati Uniti. Questo potrebbe rivelarsi difficile, poiché le importazioni diminuirebbero, portando a una riduzione dell'offerta di dollari. Con l'aumentare dell'incertezza, ci si potrebbe aspettare un "home bias" fino a quando non sarà individuato un futuro praticabile per il commercio globale. L'amministrazione USA ha bisogno che il dollaro si indebolisca per influire sulle sue politiche, altrimenti sarà difficile riportare in patria la produzione industriale.
Dollaro forte o caos?
C'è un costo per un dollaro più debole; anche in questo caso, non ci sono "pranzi gratis". Il costo è che lo status di valuta di riserva venga compromesso, in quanto gli stranieri non vorranno detenere una valuta debole. Questo è il motivo per cui gli Stati Uniti hanno sempre perseguito una politica del dollaro forte. Una moneta forte e un'ampia disponibilità globale sono condizioni necessarie per ottenere lo status di valuta di riserva. Le politiche del presidente Trump minacciano entrambi. Ci sono enormi quantità di titoli statunitensi nel sistema internazionale. Gli Stati Uniti hanno vissuto bene con il loro status di valuta di riserva; se il sistema dovesse incepparsi, dove andranno a finire tutti questi titoli? Come faranno gli Stati Uniti a finanziare il deficit? In un mondo senza una chiara valuta di riserva, l'oro può benissimo essere un buon investimento.
Una molteplicità di scenari
Il quadro è complesso e sfaccettato. Riteniamo che i benefici dei dazi potrebbero essere più che completamente vanificati dalla perdita dello status di valuta di riserva. Potremmo assistere a uno stallo della crescita nei prossimi mesi, ma i danni potrebbero essere mitigati da stimoli monetari e fiscali. La Federal Reserve potrebbe essere costretta a ridurre i tassi di interesse più rapidamente del previsto, abbassando così il fondamentale tasso reale.
Per sostenere l'attuale tasso reale del 2%, occorrerebbe una crescita della produttività reale del 2%. Un incremento generato dall'intelligenza artificiale (AI)? Non ne siamo convinti. L'AI non può garantire una crescita sufficiente a sostenere le attuali valutazioni delle aziende del settore. Il mercato aveva scontato una crescita molto aggressiva dell'AI, in quanto puntava su una barriera economica resiliente, basandosi sul presupposto che solo i maggiori hyperscaler tecnologici avrebbero potuto sostenere i costi della creazione di competenze. DeepSeek ha messo in discussione l'esistenza di tale barriera. Crediamo che l'hype sulle potenzialità dell'IA è semplicemente troppo grande, in questo momento. Forse le guerre dei dazi ridurranno il valore di queste aziende tecnologiche, e ogni "esuberanza irrazionale" si sgonfierà (come con il crollo delle dot-com nel 2001).
Scontare i rischi
Non è chiaro come gli altri paesi reagiranno a questa tornata di dazi statunitensi. Allo stato attuale, si prevede che i dazi genereranno circa 500 miliardi di dollari di entrate "fiscali" per gli Stati Uniti.2 Nel caso estremo in cui questa imposta fosse interamente pagata dalle società, stimiamo che, in base all'analisi dei flussi di cassa attualizzati, l'indice S&P 500 scenderebbe a 4.650, circa il 16% in meno rispetto al prezzo di chiusura odierno (3 aprile 2025).3 Non così male, per lo scenario peggiore.
Il risultato di queste risposte di ritorsione potrebbe essere la fine del commercio internazionale: il ritorno a un mondo costoso, alla Robinson Crusoe, in cui ogni paese tenta invano di diventare autosufficiente. Non dobbiamo dimenticare che gli Stati Uniti dipendono dal resto del mondo per finanziare il proprio debito, e il resto del mondo dipende dai prodigiosi consumi statunitensi. Nessuna delle due parti dell'equazione trarrà vantaggio da una guerra commerciale.
1 Fonte: Bloomberg, Janus Henderson Investors, al 3 aprile 2025.
2 Strategas.
3 Fonte: Bloomberg, Janus Henderson Investors, al 3 aprile 2025.
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