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Una prospettiva “monetarista” sugli attuali mercati azionari – ottobre 2021

Simon Ward

Simon Ward

Economic Advisor


8 ottobre 2021

Da inizio 2021 la produzione industriale globale è rimasta su livelli invariati, a fronte degli sconvolgimenti dal lato dell’offerta e della perdita di slancio della domanda. La produzione potrebbe evidenziare una ripresa nel 2022, alla luce della risoluzione dei problemi legati all’offerta, ma i trend monetari indicano un ulteriore indebolimento della spinta sottostante. Al contempo, gli effetti successivi dell’inflazione potrebbero indurre le banche centrali a pianificare il ritiro degli stimoli, a meno che i mercati riportino nette flessioni. Tale contesto richiede una strategia di investimento prudente, salvo un rimbalzo dei trend monetari a fine 2021, uno scenario possibile ma non primario.

The “monetarist” forecasting approach used here relies on the rules of thumb that 1) real narrow money growth directionally leads demand / output growth by 6-12 months (average 9 months) and 2) nominal broad money growth directionally leads inflation by 1-3 years (average 2+ years). Global narrow / broad money growth surged in 2020 but has slowed this year. This slowdown is being reflected in a loss of economic momentum but the inflationary impact of the 2020 bulge will continue well into 2022. Current “stagflation” concerns, therefore, are likely to persist.

Gli sconvolgimenti lungo la filiera provocano distorsioni nei dati economici, rendendo l’analisi più complicata. Si presuppone che i PMI manifatturieri globali nell’indice dei nuovi ordinativi rappresentino un buon parametro del momentum sottostante della domanda industriale. Da maggio l’indice evidenzia un calo, in linea con la flessione precedente della crescita reale del narrow money globale (G7 più E7) a 6 mesi dal picco di luglio 2022 – si veda il grafico 1. A fronte dell’ulteriore rallentamento della crescita reale in luglio/agosto 2021, difficilmente l’indice dei nuovi ordinativi PMI raggiungerà i minimi prima di inizio 2022.

Tuttavia, gli sconvolgimenti lungo la filiera hanno comportato un gap significativo tra produzione industriale e tasso di crescita indicato dall’indice dei nuovi ordinativi PMI; potremmo quindi assistere a una ripresa nel breve periodo – grafico 2. Gli operatori di mercato potrebbero interpretare erroneamente tale ripresa come un’inversione del momentum. Segnali contrastanti potrebbero alimentare la volatilità di mercato, ma un’eventuale ripresa di settori commerciali ciclici o legati a ai trend di reflazione dovrebbe essere effimera, salvo miglioramenti dei trend monetari, e di conseguenza delle prospettive dei PMI.

L’approccio qui adottato si avvale dell’analisi ciclica per effettuare un controllo incrociato dei segnali monetari e fornire una prospettiva di lungo termine sul contesto. Si ritiene che i cicli di costituzione delle scorte (3-5 anni) e di investimenti societari (7-11 anni) abbiano raggiunto i minimi nel secondo trimestre del 2020 e attualmente sostengano l’economia globale, limitando l’impatto delle condizioni monetarie meno espansive.

Il prossimo “evento” ciclico sarà il picco e la successiva fase discendente del ciclo di costituzione delle scorte. Sulla base della durata media storica di 3 anni e 1/3, il prossimo minimo del ciclo potrebbe essere raggiunto nel secondo semestre 2023, e il picco al più tardi nel secondo semestre 2022. L’indicatore delle scorte basato su sondaggi tra le società qui calcolato, tuttavia, suggerisce che la fase ascendente del ciclo sia già avanzata e il picco potrebbe verificarsi in anticipo – grafico 3.

I trend monetari indicano pertanto un rallentamento dello slancio economico globale fino a inizio 2022, mentre il ciclo di costituzione delle scorte potrebbe rappresentare un fattore negativo a partire dal secondo semestre 2022. Vi è quindi la possibilità che la crescita economica torni su livelli robusti per 2-3 mesi a metà 2022 circa. Tale scenario però necessiterà di un rimbalzo immediato della crescita reale del narrow money globale.

Si tratta di un rimbalzo possibile, nonostante la riduzione degli stimoli da parte della Fed e di altre banche centrali. Potrebbe essere trainato, per esempio, dall’allentamento da parte del Governo cinese volto a sostenere l’economia debole, da una brusca inversione dei prezzi delle materie prime in presenza di un indebolimento della spinta in ambito industriale (incremento della crescita monetaria tramite un calo dell’inflazione a breve termine) o da una ripresa dei prestiti bancari (normale nelle fasi ascendenti del ciclo di costituzione delle scorte/investimenti societari). Tuttavia, non occorre fare speculazioni: di solito è sufficiente, ai fini delle prospettive, rispondere ai segnali monetari invece che provare a prevederli.

Il grafico 4 mostra la crescita reale del narrow money a sei mesi nei Paesi del G7 e E7. La relativa robustezza degli USA e la debolezza cinese sono riflesse nella divergenza delle performance azionarie da inizio anno: gli indici dei Paesi avanzati (USA esclusi) e dei Paesi emergenti (Cina esclusa) hanno evidenziato un andamento piatto. Il recente crossover della crescita monetaria USA al di sotto della media dei G7 (USA esclusi) induce a una riduzione dell'esposizione agli Stati Uniti, a favore di altri mercati avanzati.

La crescita monetaria cinese, al contempo, sembrava prossima ai minimi, prima della recente escalation di problematiche finanziarie dello sviluppatore immobiliare Evergrande. Potremmo pertanto assistere a un allentamento più rapido della politica monetaria o a un inasprimento “endogeno” delle condizioni creditizie, o a entrambi. L’impatto monetario netto è incerto, ma un’eventuale ripresa della crescita monetaria a fine 2021 indurrebbe ad ampliare l'esposizione alla Cina nei portafogli globali e incentrati sui Paesi emergenti, nonostante una probabile debolezza costante dei dati economici.

Gli investitori si chiedono ancora se l’inflazione elevata abbia natura “transitoria”, come sostenuto dalle banche centrali. La prospettiva monetarista è chiara: la trasmissione dal denaro ai prezzi (circa 2 anni) implica che l’inflazione non si alleggerirà prima della seconda metà del 2022, e per un ritorno ai livelli pre-Covid sarà necessario un ulteriore rallentamento della crescita del broad money globale.

I driver di inflazione subiranno probabilmente dei cambiamenti: i prezzi di energia e altre materie prime industriali dovrebbero scendere, nel quadro del rallentamento economico globale, ma dovrebbero continuare a compensare le spinte al rialzo del comparto alimentare, degli affitti e dell’incremento dei costi salariali, in quanto le carenze e le discrepanze sul mercato del lavoro inducono a aumenti dei salari superiori alla crescita della produttività.

L’aumento dei costi del lavoro potrebbe in teoria essere assorbito tramite la riduzione dei margini di profitto, invece che essere riversato sui prezzi. Tuttavia, i recenti dati sui profitti sovrastimano la salute sottostante, a causa dell’apprezzamento delle scorte e delle misure di sostegno governativo implementate per contrastare la pandemia. La quota di reddito nazionale USA di un parametro “economico” dei profitti societari (ponderato per gli effetti della valutazione delle scorte e per i sussidi nell’ambito del Paycheck Protection Program, per riflettere il “vero” deprezzamento) è in linea con la media del periodo 2010-2019, e in contrasto con i profitti esagerati – grafico 5.

La crescita annuale del broad money dei Paesi del G7 è scesa dal picco del 17,3% di febbraio 2021 all’8,3% di agosto, mentre la crescita a tre mesi annualizzata si attesta al 6,2%. Si tratta di livelli elevati rispetto agli standard pre-Covid: nel periodo 2015-2019 la crescita annuale media era pari al 4,5%. Il minore sostegno alla crescita monetaria derivante dal QE potrebbe essere compensato tramite la rapida espansione dei bilanci delle banche, in un contesto di posizioni liquide/di capitale solide e aumento della domanda creditizia. Di recente i prestiti e i leasing finanziari delle banche commerciali USA sono tornati a crescere, e l’indagine della Fed sui senior loan officer indica unulteriore rialzo – grafico 6. Dall’indagine sui prestiti della BCE sono emersi risultati analoghi.

Aggiungendo i Paesi E7, la crescita annua del broad money è più vicina ai livelli pre-Covid (8,2% in agosto vs. media del 6,4% per il periodo 2015-2019 – grafico 7). La crescita è inferiore alla media in Cina, Messico e Russia e in linea con la media in India. In tali economie è più probabile che le pressioni inflazionistiche si rivelino transitorie, a sostegno dei mercati obbligazionari locali.

Nel periodo estivo l’azionario globale ha tenuto bene, nonostante un calo dell’attività e sorprese al rialzo sul fronte dell’inflazione. Una spiegazione "monetarista”: i mercati erano sostenuti da denaro “in eccesso”, in quanto gli sconvolgimenti sul fronte dell’offerta hanno contribuito a mantenere la crescita della produzione industriale globale a 6 mesi al di sotto della crescita del narrow money reale – grafico 8. Una temporanea ripresa della produzione dovuta alla soluzione di alcuni problemi lungo la filiera potrebbe invertire tale crossover; pertanto è consigliabile mantenere un assetto prudente, preferendo i settori difensivi e la qualità.

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