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La geopolitica e l'importanza della geografia

Il riallineamento geopolitico è uno dei tre fattori macro che, a nostro avviso, influenzeranno gli investimenti nel prossimo decennio. Tim Marshall, scrittore, giornalista e opinionista, esplora il motivo per cui la geografia è così importante nel plasmare le tensioni globali, mentre Ali Dibadj, CEO di Janus Henderson, fornisce la sua opinione sulle implicazioni per gli investitori.

Ali Dibadj

Ali Dibadj

Chief Executive Officer


2 Febbraio 2024
9 minuti di lettura

In sintesi

  • L'assetto geografico svolge un ruolo importante nel spiegare le azioni delle potenze mondiali e il riallineamento geopolitico.
  • Il 2024 sarà un anno di elezioni cruciali, particolarmente significativo vista l'escalation delle tensioni sulla scena mondiale.
  • Le azioni di Russia, Cina e Stati Uniti avranno implicazioni significative per l'economia globale e gli investitori dovranno saper gestire i cambiamenti.

Tim Marshall è stato redattore estero e poi redattore diplomatico per Sky News, realizzando reportage da varie zone di guerra e conflitto. È autore di Prisoners of Geography, The Power of Geography e del più recente The Future of Geography: How Power and Politics in Space Will Shape Our World. Tim ha partecipato come relatore ospite alla conferenza sugli investimenti 2024 di Janus Henderson a Londra. Qui fornisce il suo punto di vista sulle attuali tensioni geopolitiche.

D: Ovviamente ti concentri molto sulle mappe, Tim: perché sono così importanti e cosa ci dicono su come sta cambiando il mondo?

R: Tutti i leader sono vincolati dalla geografia, essendo le loro scelte limitate da montagne, fiumi, mari e cemento. Per seguire gli eventi del mondo, è necessario comprendere le persone, le idee e i movimenti, ma se non si tiene conto della geografia, non si avrà mai il quadro completo.

I cambiamenti nel modo in cui viene mappato il mondo aiutano a comprendere i poteri politici dominanti dell'epoca. La mia generazione è cresciuta con una mappa del mondo che aveva al centro l'Europa, e più specificamente il Regno Unito. Ciò rispecchiava la mentalità del XVI secolo, quando la proiezione di Mercatore si basava sulla posizione dell'Europa come centro economico, militare e diplomatico del mondo. Ma i tempi sono cambiati e le mappe ora mostrano che quel centro si è spostato concettualmente. La maggior parte delle persone sarebbe d'accordo sul fatto che, in base ai criteri citati sopra, il centro si è spostato dall'Europa, verso la regione indo-pacifica e gli Stati Uniti e la Cina.

D: In che misura pensi che il 2024 sarà un anno cruciale in termini di riallineamento geopolitico?

R: È sicuramente un anno interessante di elezioni, ma anche di anniversari. Come riportato nella tabella, abbiamo avuto Taiwan, che non è andata come sperava la Cina. Il risultato in Russia non è in discussione, si tratterà solo di vedere "di quanto vincerà Putin". Il grado di opposizione nelle strade, però, sarà interessante. Sembra che Modi quasi certamente vincerà le elezioni indiane. Nell'UE, l'ascesa della destra e dell'estrema destra è destinata a continuare. Per gli Stati Uniti, un'ipotesi vale l'altra. In Sudafrica, l'African National Congress è sotto pressione e non ha ancora fissato una data per le elezioni. Israele rischia di essere una resa dei conti per Netanyahu. E in Regno Unito probabilmente si voterà in ottobre.

Figura 1: 2024 – un anno di elezioni e anniversari

Elezioni Anniversari
Taiwan | 13 gennaio NATO, 75°
Russia | 17 marzo Kosovo, 25°
India | Aprile / Maggio Annessione russa della Crimea, 10°
Unione europea (UE) | 6-9 giugno Repubblica popolare cinese, 75°
Stati Uniti | 3 novembre
Sud Africa, Israele, Regno Unito? | Da confermare

 

Per quanto riguarda gli anniversari, è il 75° per la NATO, ma 25 anni dal punto più alto della NATO e della potenza occidentale. È il 10° anniversario dell'annessione della Crimea da parte della Russia, sulla base della prima invasione. E come per la NATO, è il 75° anniversario della formazione della Repubblica Popolare Cinese. La coincidenza dei due anniversari proprio in questo momento mette in luce il contrasto fra la NATO (e il mondo multipolare che rappresentava), forza matura che rischia di declinare, e la Cina, la cui ambizione diventa sempre più forte.

D: Parli del fatto che il mondo sta passando da un modello bipolare a uno multipolare, e potenzialmente ora potrebbe tornare indietro. Cosa significa?

R: La mia generazione è cresciuta in un mondo bipolare, con il periodo 1945-1989 plasmato da due leader mondiali: gli Stati Uniti e la Russia. Lo scenario internazionale fu delineato dalla Conferenza Monetaria di Breton Woods del 1944, dove 44 paesi istituirono la Banca Mondiale, fissarono il gold standard e scelsero il dollaro americano come valuta di scambio. Era essenzialmente un'espressione della visione americana di come dovrebbe essere il mondo. Pur essendo stata messa in discussione successivamente, questa visione ha prevalso e nel 1989, con il fallimento del comunismo, si è ulteriormente rafforzata portandoci in un mondo unipolare, con gli Stati Uniti all'apice del loro potere. Nel 2008, la situazione è cambiata. Che siano stati gli attacchi dell'11 settembre e l'attenzione americana focalizzata sull'Afghanistan e l'Iraq, o la crisi finanziaria del 2008, il dominio degli Stati Uniti si è indebolito ed è emerso il mondo multipolare con nuovi attori sulla scena globale.

Figura 2: Tornare a un mondo bipolare?

Un mondo multipolare è molto più difficile da capire. Nel mondo bipolare e nella Guerra Fredda, i Paesi dovevano fare scelte binarie. Nel mondo multipolare le cose si complicano. Per esempio, c'è l'Arabia Saudita libera di mettere la Cina contro l'America. C'è la Turchia, alleata e amica della NATO, che compra il suo sistema di difesa missilistica da Mosca. Ci sono dozzine di esempi di questa fluidità che rende un mondo multipolare complesso e difficile da capire. A mio avviso, la forza della Cina e la forza degli Stati Uniti ci vedranno tornare a una forma di mondo bipolare, con il riemergere di scelte binarie per i Paesi.

D: Come vedi il conflitto tra Russia e Ucraina?

R: È qui che entrano in gioco le mappe. Non sostengo che la geografia determini tutto, ma è un fattore chiave. In Russia fa molto freddo, alcuni porti si congelano e per uscire sulle rotte marittime servono i rompighiaccio. In generale, la Russia si sente accerchiata. C'è solo un porto in acque calde, e dov'è? Si trova in Crimea, che la Russia si è annessa dall'Ucraina nel 2014.

Figura 3: Importanza geografica dell'Ucraina per la Russia

© JP Map Graphics Ltd, tratto da Prisoners of Geography di Tim Marshall (Elliott & Thompson, 2015)

In secondo luogo, il punto più stretto della pianura nordeuropea è la Polonia. Se vuoi invadere la Russia, questa è la strada che prendi. Quindi, guardando a ovest, la Russia cerca di chiudere questo varco. Ma con la caduta del comunismo, il piano non ha funzionato. L'opzione di ripiego è stata controllare la pianura di fronte, ossia l'Ucraina e la Bielorussia.

Quindi, cosa succede dopo? L'Ucraina è svantaggiata, sta esaurendo le munizioni e i soldati. La Russia ha quattro volte più uomini, il suo PIL è quasi dieci volte superiore e si sta preparando a produrre (o acquistare dalla Corea del Nord) i missili di cui ha bisogno. Allo stesso tempo, il sostegno all'Ucraina sta svanendo. Se Trump vincerà le elezioni americane, probabilmente ritirerà il suo appoggio, e gli aiuti da altri Paesi non sono sufficienti per sostenere lo sforzo bellico. Ciò potrebbe costringere l'Ucraina a sedersi al tavolo dei negoziati e a quel punto i dettagli dell'accordo di pace saranno fondamentali. Si adotterà una soluzione inadeguata che permetterà alla Russia di prendersi il resto del Paese nei prossimi 5-10 anni? O ci saranno garanzie di sicurezza che consentiranno di investire per ricostruire l'Ucraina?

D: E che ruolo gioca la geografia nel caso della Cina?

R. – Da un punto di vista geografico, la Cina guarda verso est e vede un muro di fronte a sé. L'America ha amici dappertutto. Gli alleati del trattato consentono la presenza della Settima Flotta nella baia di Tokyo, di 30.000-40.000 soldati americani a Okinawa, in Giappone, e 30.000 soldati americani in Corea del Sud, Taiwan brulica di armi americane e le Filippine hanno concesso recentemente agli Stati Uniti di installare nuove basi militari.

Figura 4: La vista della Cina verso est e gli alleati americani

© JP Map Graphics Ltd, tratto da Prisoners of Geography di Tim Marshall (Elliott & Thompson, 2015)

La Cina è un paese esportatore. Non importa che nessuno lo bloccherà, il fatto è che la possibilità esiste. Le grandi potenze agiscono sulla base di ciò che potrebbe accadere e cercano di volgere la situazione a loro vantaggio. Quindi, la Cina deve rimuovere il mattone più grande di quel muro, Taiwan. Ha cercato per anni di tirare i Paesi dalla sua parte per via diplomatica, con un certo successo, ma non ha ancora il controllo di Taiwan.

La Cina invaderà Taiwan? Non credo che accadrà in questo decennio. Imporre un blocco? Forse. Prendere le isole Kinmen, che si trovano appena al largo della costa? Forse. Ma per raggiungere Taiwan, ci sono 120 miglia di acque molto agitate. Si possono attraversare solo un paio di mesi l'anno. Servirebbero 400.000 soldati, quindi li vedrebbero arrivare due o tre mesi prima. Ci sono solo cinque spiagge di sbarco, perciò la rotta è ben telegrafata. E bisognerebbe evitare a tutti i costi di colpire la fabbrica di semiconduttori a Taipei!

Ma più che le considerazioni militari, c'è l'aspetto economico. Ci sarebbe una recessione globale in tutto il mondo in caso di una vera e propria guerra nel Mar Cinese Meridionale. Essendo un paese esportatore con PIL in calo, problemi economici, dinamiche demografiche in declino e concorrenza da tutte le parti del mondo, perché la Cina dovrebbe rischiare? La mia opinione è che non credo che lo farebbe.

E gli americani combatterebbero? Se lo facessero, sarebbe una guerra molto lunga. Se non lo facessero, però, perderebbero tutti i loro alleati. Che senso avrebbe per le Filippine o la Corea del Sud sostenere un'America che non si è battuta per Taiwan? Probabilmente la loro lealtà si sposterebbe verso la Cina, semplicemente perché non avrebbero scelta. Se l'America vuole essere la potenza dominante in quella parte del Pacifico, e nel mondo, deve sostenere Taiwan. In caso contrario, i suoi alleati si allontaneranno.

 

Il riallineamento geopolitico è uno dei tre fattori macroeconomici che, a nostro avviso, avranno un impatto significativo sul panorama degli investimenti nel prossimo decennio. Per gli investitori, i cambiamenti avranno più livelli, il che rende importante valutare le opportunità attraverso una lente sia macro che micro. Affrontare le ricadute delle controversie transfrontaliere, dei risultati elettorali, dell'onshoring e degli adeguamenti della catena di approvvigionamento sta diventando importante quanto l'analisi delle aziende stesse. Con oltre 340 professionisti dell'investimento e 90 anni di esperienza nella gestione del cambiamento, valutiamo le implicazioni su base giornaliera e posizioniamo attivamente i portafogli per i nostri clienti – e i loro clienti – per un futuro finanziario più luminoso."

 

Ali Dibadj, Amministratore delegato

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